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Energia e biodinamica, nello champagne di Franck Pascal

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FRANCK PASCAL – BASLIEUX-SOUS-CHATILLON VdM
4h in biodynamique certificata dal 2004
Bottiglie prodotte: 26.000 – 34.000 (dipende dal tempo)

Vitigni:
70% PM
27% PN
3%   C

Franck Pascal, dal 1994, tornando da militare, ha fatto una scelta ponderata non volendo più utilizzare per la coltivazione delle vigne di famiglia, i prodotti chimici, allora largamente utilizzati come armi in guerra.

Ha cominciato quindi a preparare le vigne per la conversione alla biodinamica avvenuta nell’anno 2000 e certificata ufficialmente (Écocert e AB) nel 2004.

La sua propensione alla biodinamica è un principio di naturalità che applica anche nella vita quotidiana per sé e per la sua famiglia, assieme alla moglie Isabelle.

Franck sostiene che non impone alla natura quello che deve essere ma ne cerca l’equilibrio energetico con gli elementi che ha a disposizione, senza correzioni invasive.

I nomi delle cuvée e le etichette delle bottiglie sembrano voler rimarcare questo concetto.

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Le informazioni su vitigni, dosaggio e data di dégorgement sono tutte riportate nella retro-etichetta.

La sua ricerca è costante e ogni anno sperimenta nuovi confini, magari trovando lieviti sempre più adatti, oppure eliminando rame e zolfo nel trattamento delle vigne.

La sua risposta alla canicola del 2003 è stata la preparazione, attraverso un processo di dinamizzazione, di un’infusione di camomilla con la quale ha dissetato le vigne.

L’inerbimento nelle vigne è spontaneo, tanto che non avviene il diserbamento nemmeno della tourniére, il ritaglio di terra in cima ai filari di viti dove di solito si lascia lo spazio al trattore per girare.

Ci si può credere, oppure essere scettici, abbracciare questa filosofia oppure allontanarsene.

Io osservo, guardo e, soprattutto, lascio che a parlare siano gli champagnes, con le bellissima degustazione che abbiamo fatto.

QUINTESSENCE 2004 Extra Brut

60%PN – 25%PM – 15%C

Questo champagne è stato prodotto durante il cammino del percorso bio e quindi per metà è lavorato con agricoltura convenzionale e per metà con sistema bio.

Un po’ di fatica a farsi sentire, come fosse quasi timido. Poi finalmente si apre con una bella eleganza di frutti di bosco, e una nota di ossidazione appena accennata.

Rotea molto bene in bocca con aromi fruttati e sapidi ma sul finale vi sono dei sentori che non mi convincono appieno.

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QUINTESSENCE 2005 Extra Brut

Stessi vitigni del precedente, questa volta tutto in biodinamica.

Franck spiega che è una collaborazione fra uomo e natura con tutte le loro essenze presenti.

Si apre rapidamente e avvolge con freschezza e golosità di frutti rossi. Ampio e libero il sorso che scorre piacevole e spumoso in bocca.

Dosaggio perfetto per un vino che non ha bisogno di aggiungere zucchero a quello già esistente di suo.

Bella persistenza, grande freschezza, beva piacevolissima. Tutta un’altra cosa rispetto al precedente.

Essenziale e preciso.

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RELIANCE Brut Nature

75%PM – 12%PN – 13%C

BSA base 2008

Impatto immediato con una bella mineralità e gesso.

Il tiglio compare all’assaggio, insieme a pompelmo bianco, limone e passion fruit.

Una grande persistenza che lascia, bellissimo, un ricordo di anice stellato seducente e misterioso.

Vibrante e sincero, tocca le corde golose della mia curiosità.

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HARMONIE 2009 Extra Brut

50%PM – 50%PN BdN

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E’ piacevole al naso e in bocca, ancora un po’ troppo giovane, ma di sicuro impatto e di grande energia.

Una grande materia data dalla frutta con una acidità molto spiccata eppur equilibrata dalla bella morbidezza del vino e da una nota amara che avvolge il palato in finale.

Pacifico e suadente, parla sottovoce ed è un piacere ascoltarlo.

 

 

 

PACIFIANCE

Metodo solera iniziato con i millesimi 2006 e 2007

60%PN – 25%PM – 15%C

Frutti bianchi, quasi in confettura e bocca fresca, note minerali e affumicate.

Una grande, bella armonia che regala persistenza a non finire e una punta di anice stellato che sembra essere il “fil rouge” di tutte le cuvée di Franck Pascal.

Un vino che dona tranquillità, voglia di provarlo e riassaggiarlo, di stare in sua compagnia per tanto tempo senza mai stancarsi.

Disteso e rilassante, accarezza le ciglia del mio olfatto e rispetta, in silenzio, i miei tumulti.

SERENITÉ 2010

C e PM

Vino bioenergetico senza solfiti.

La forza potente, comunque domata in questo champagne, si esprime con aromi di pietra focaia, spezie, mentuccia, salvia.

 

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Il senso di tutto quanto sopra: c’è un rispetto fra uomo e natura con un confine molto labile e banale.

Alcuni uomini lo sanno rispettare ed interpretare. Altri lo guardano da lontano.

Scoprite voi da che parte sta Franck Pascal. E per dirlo dovete provare i suoi vini.

Franck Pascal
1 bis, rue Valentine-Régnier • 51700 Baslieux-sous-Châtillon
T. +33(0) 326 51 89 80 • contact@franckpascal.fr

NOBLESSE OBLIGE

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La mia prima volta con la Cuvée Blanche di Bruno Michel è stata lo scorso anno, ad un pranzo al Ristorante Piazza Duomo di Alba con una coppia di carissimi amici siciliani.
Ero loro ospite ma mi faceva piacere offrire un aperitivo con una bottiglia di champagne che non fosse così scontata.

Ho quindi chiamato Vincenzo (Donatiello ndr), per me uno dei migliori e più seri sommelier italiani (una persona che non ama perdersi troppo in chiacchiere e selfie, per essere precisi), chiedendo consiglio a lui.

Mi ha detto subito che fra le tante bollicine francesi presenti ve n’era una che aveva colpito particolarmente anche lui, con un buon rapporto qualità prezzo, ma la cosa più intrigante era che l’assemblaggio era costituito da 50% chardonnay e 50% pinot meunier.

Il produttore? Bruno Michel, un piccolino della Vallée de la Marne che faceva solo 70.000 bottiglie, ma le faceva molto bene.
D’accordo, dico, andata. Ci vediamo fra mezz’ora!

In effetti le aspettative non sono state deluse e credo di aver bevuto uno dei migliori champagne di RM dell’ultimo anno.
Ho pero’ voluto fare la riprova, non ci si può limitare solo alla prima volta.

Se una cosa piace la prima volta potrà essere magnifica perché è la novità, ma la seconda, la terza e financo la quarta dovranno esserlo ancora di più.

Ieri sera mi sono gustata un’altra bottiglia di Cuvée Blanche, a cena, con un amico sommelier, appassionato di champagne (i supporters di questo vino stanno dilagando a macchia d’olio..!).
Risultato: non solo riconfermo quanto mi era parso di capire la prima volta, vado oltre.

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Il colore è confortante e preciso: oro chiaro, senza sbavature.

Il “train de bulles” non lo considero più da un pezzo, troppe variabili per poter essere un elemento determinante nel giudizio qualitativo.

Pero’ in questo bicchiere c’è, e anche bello continuo e sottile.

Aspetto almeno 10 secondi prima di annusare, per non bruciare tutte le ciglia olfattive, e poi immergo quasi letteralmente il naso nel bicchiere.

La bonheur…!

La pesca bianca apre una boule di macedonia appena fatta nella quale si alternano anche mela gialla, e piccoli frutti rossi come lamponi e fragoline, il tutto unito da un cucchiaino di miele e spolverato con della cannella.

Il palato sorprende perché smentisce da un lato e conferma dall’altro.

La freschezza del vino risalta in modo particolare con uno spiccato sentore di ananas non maturo e coriandoli di agrumi, ma le eventuali punte di acidità vengono sapientemente calmierate da una trama rotonda e piena nella quale trovano un ruolo importante anche note di boisé e di vaniglia.

Un gioco delle parti sapientemente orchestrato e io mi abbandono al ritmo melodico di questa dolce musica.
Nonostante la complessità evidente la beva risulta molto piacevole, adeguata, “friendly” per usare un termine anglosassone che avvicina molto anche chi guarda con fare sospetto agli champagne atipici. BM

Ho apprezzato soprattutto l’eleganza e l’armonia scaturite dall’assemblaggio dei due vitigni, cosa che rimarca la bravura di chi, questa armonia, ha saputo costruirla e infonderla in un vino.

Il dosaggio viene mantenuto sugli 8/9 g/l (solo con MCR), che si abbassa notevolmente sulle altre cuvées della sua gamma.

Bruno Michel produce i suoi champagne nel piccolo comune di Pierry, a sud di Épernay.

Lo fa dal 1980 in una meravigliosa casa del 1800 una volta di proprietà di monaci che avevano sempre avuto la passione dello champagne e che, nelle loro dimore, nascondevano tesori di bottiglie nelle cantine sotterranee.

13 ettari divisi fra chardonnay (50%), pinot meunier (45%) e una piccola quota di pinot noir (5%), a loro volta suddivisi in una quarantina di parcelle (piccoli Lieux Dits), con un’età media di 30 anni.

La produzione non è molta, 70.000 bottiglie e il fiore all’occhiello del piccolo vigneron è che dal 1997 ha iniziato la conversione al biologico terminata nel BM22004. Ha ottenuto la certificazione Ecocert e sulle bottiglie e cartoni compare il bollino ministeriale Agricolture Biologique. Due ettari sono ora in biodinamica.
Un punto di partenza e uno sprone per Michel a proseguire il suo cammino sulla strada della qualità e del rispetto della natura e dell’uomo.

 

 

 

Per me invece è un invito a continuare a provare i suoi vini, per la terza, quarta e ora financo quinta volta perché lo champagne, quando è fatto così, merita di trovare sempre un posto in cantina.

Per inciso, è uno champagne che si accompagna a tutto, ma proprio tutto. Io l’ho gustato con un carpaccio di manzo, scaglie di grana e olio del Lago di Garda, sale di Cervia e un carissimo amico.

 

Distributore per l’Italia: NOW Non Ordinary Wines

IL TERZO STOPOVER DEL NOSTRO VIAGGIO: I CREMANTS

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Vini poco conosciuti, ancor meno bevuti. Eppure ve ne sono di alcuni che sono meravigliosi e che hanno un rapporto q/p difficilmente riscontrabile in altri spumanti.

Con questo termine sino al 31 agosto 1994 venivano indicati gli Champagnes elaborati in modo da sviluppare meno anidride carbonica quindi con una spuma più delicata degli champagnes tradizionali. La pressione nelle bottiglie risultava con un’atmosfera inclusa fra 3,5 e 4,5 bar, invece delle 6 degli champagnes tradizionali.

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Una volta questo appellativo indicava anche in Italia gli spumanti con tale pressione atmosferica (vedi Satén) ma ad oggi tale nome è riservato solo ad alcuni vini prodotti con metodo classico all’interno della Francia in zone ben delimitate ai quali è stata conferita la classificazione di AOC (Appellation d’Origine Contrôlée).

La Champagne ha dovuto abbandonare questo appellativo, avendo chiesto una protezione per il nome champagne e méthode champenoise.

Per chiamarsi Crémant quindi un vino bianco e/o rosato mosso deve avere le caratteristiche seguenti (Regolamento (CE) n° 607/2009 della Commissione Europea del 14 Luglio 2009):

  • Aver fatto la seconda fermentazione in bottiglia (come i metodi classici)
  • Aver fatto una sosta sur lattes (affinamento sui lieviti) di almeno 9 mesi
  • Essere messo in commercio dopo 12 mesi dal tirage (fase di inizio della seconda fermentazione)
  • Essere prodotto in una delle regioni previste nella AOC che sono

carte-des-cremants-de-France-1024x1024Alsace

Bordeaux

Bourgogne

Die

Jura

Limoux

Loire

Luxembourg

 

 

  • Vendemmia manuale
  • Mosto non superiore a 100l per ogni 150Kg di uve
  • Solfiti aggiunti non superiori a 150 mg/l
  • Liqueur d’éxpedition non superiore a 50 g/l

Generalmente i Crémants vengono ottenuti da una stessa vendemmia, ossia sono praticamente quasi tutti millesimati (senza aggiunta di vins de réserve).

I vitigni utilizzati sono diversi in funzione dell’area di produzione e sono:

Crémant d’Alsace (Pinot Blanc, Riesling, Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Gris)

Crémant de Bourgogne (Chardonnay, Aligoté, Pinot Noir)

Crémant de Loire (Chenin Blanc, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc)

Crémant de Bordeaux (Sémillon, Sauvignon, Ugni Blanc, Cabernet Sauvignon, Merlot)

Crémant de Limoux (Mauzac, Chardonnay, Chenin Blanc, Pinot Noir) – Blanquette de Limoux         (almeno 90% Mauzac)

Crémant de Die (Clairette)

Crémant du Jura (Savagnin, Chardonnay, Poulsard, Pinot Noir, Pinot Gris, Trousseau

Crémant de Luxembourg (Pinot Blanc, Riesling, Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Gris).

Alsazia al primo posto con 34 milioni di bottiglie (anno) vale a dire il 25% della sua produzione globale di vino.

Al secondo la Borgogna con 18,7 milioni di bottiglie.

A seguire la Loira con 11,5 milioni.

Noi ne abbiamo provati ben 4:

Il Crémant d’Alsace George Klein

50% Pinot bianco, 20% Chardonnay, 10% Riesling e 10% Pinot grigio

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Sventagliata di profumi d’agrume e di aria di fiori di primavera. Piacevole e interessante la sensazione al palato.

Tensione e freschezza iniziali rimandano, in un secondo tempo, ad una morbidezza mai scontata e mai seduta.

 

 

 

 

Dosaggio che non si avverte e Pinot Bianco che dice sapientemente la sua senza rischiare dei essere un assolo, perché la voce corale è sicuramente più complessa. E anche persistente.

Ottimo con la Michelina alle erbe di Formaggi Gigi.

 

Crémant de Loire Domaine Dutertre – Cuvée St. Gilles

30% Chenin bianco, 30% Chardonnay, 30% Pinot nero, 10% Cabernet.

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Un’azienda piccolissima questa (30.000 btg/anno), nel cuore della Loira, la regione dello Chenin, chiamato anche Pineau de Loire.

Un vino beverino, allegro, senza troppe implicazioni.

Chardonnay e Chenin prendono il palcoscenico e si alternano in bocca con profumi di arancia e albicocca non troppo matura.

Il Pinot Nero sancisce questa unione con una bella sferzata di potenza.

 

 

Blanquette de Limoux Cuvée Résilience di Alain Cavaillès

90% Mauzac, 5% Chenin e 5% Chardonnay.

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La Blanquette de Limoux ha un’origine molto molto antica e si dice (si dice…) che questo vino sia il vero precursore dello Champagne.

In effetti già nel 1531, a qualche kilometro da Limoux, i monaci dell’Abbazia di St Hilaire, si resero conto che il vino bianco che avevano imbottigliato e chiuso con del sughero formava delle bollicine in bottiglia.

Nasceva così la Blanquette de Limoux che si differisce dal Crémant in quanto nella blanquette il vitigno principe è il Mauzac che deve essere presente per almeno il 90% dell’uvaggio. Consentiti un 10% di chardonnay e/o chenin per completare la cuvée.

Qui il profumo è davvero notevole e fresco. Vino da aperitivo per eccellenza, si sposa comunque bene anche con i formaggi non troppo stagionati ma di grandi aromi.

Ecco perché lo abbiamo abbinato ai formaggi di Gigi: i suoi Gigetti al balsamico, le Micheline alla grappa e alle erbe, la Michelina alla grappa, il Delicapra al porto.VdBCremants7

Formaggi molto profumati ma dal sapore estremamente delicato e gradevole.

Gigi è un affinatore della Valle Imagna e cura personalmente tutte le sue creature con attenzione e meticolosità. Il risultato lo si ha in tavola.

I formaggi sono stati divorati in un battibaleno !!

 

 

Infine ecco un
Crémant du Jura – Désiré Petit
nella versione rosé.

100% pinot noir.

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La stranezza del pinot nero coltivato in una regione che non è la sua culla di nascita.

Eppure devo riconoscergli una bell’approccio profumato, una giusta complessità di aromi e una gradevole potenza che non eccede mai.

Fresca e di grande trama la bocca dove acidità e onde di frutta ammaliano le papille in modo sempre elegante.

Direi che anche la persistenza abbia un ruolo importante in questo vino che riesce a soprendermi e che trovo perfetto con gli spaghetti con pomodorini confit e origano siciliano.

E dato che non ci siamo fatti mancare nulla, come corollario alla nostra golosità abbiamo aperto la focaccia alla birra di Claudio Gatti.

E lì i veri gourmand non sono riusciti a trattenersi.

“Soffice, dal sapore delicato e ad alta digeribilità: sono le caratteristiche uniche di VdBCremants6questa focaccia. È prodotta con lievito naturale “La Madre”: la pasta viene lasciata riposare per 30 ore. È fatta con ingredienti di alta qualità, selezionati e insaporiti dalla delicata fragranza regalata dalla birra di produzione artigianale.”

 

 

 

 

 

 

Insomma, un’altra serata all’insegna del gusto, del piacere, del buon vino e degli amici.

Chez La Dame du Vin.

I Crémants sono distribuiti da: Lungo la via Francigena.

LA PRIMA TAPPA DEL VIAGGIO DI UNA BOLLICINA

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Come pubblicato qualche tempo fa, il viaggio di una bollicina è iniziato con alcuni fortunati partecipanti.
Il primo stopover, o tappa, è stato di grande impatto.
I vini presentati, tutti Prosecco elaborati con metodo classico, hanno sorpreso non poco i commensali.
La tavola è stata arricchita con alcune prelibatezze cercate proprio per questa occasione.I formaggi di capra del Caseificio Lavialattea  sono davvero una chicca. IMG_3399Prodotti da latte di capre di tre diversi allevamenti, mai mischiati fra loro perché le caratteristiche presenti nel latte appena munto sono talmente differenti che sono state identificate per produrre determinate tipologie di formaggi.
Caprini semistagionati al naturale, al carbone e allo zafferano.
La focaccia di Claudio Gatti con albicocche e ananas imbroglia assai. Apri il sacchetto trasparente per tagliarla a fette (fettazze invero), lo richiudi e in men che non si dica ti ritrovi con la mano infilata nel piccolo buchino per strapparne pezzettini e, incurante del mondo intorno, gustarli come se non vi fosse un domani.IMG_3395
I vini, il Prosecco…le bollicine del primo stopover.
Allora, il .g di Cinzia Canzian de Le Vigne di Alice, con quella bella bevibilità e morbidezza, ha conquistato i palati dei commensali. IMG_3403
Fresco al punto giusto e particolarmente piacevole con i formaggi di capra, ha espresso il meglio con i profumi di frutta bianca, mele e pere comprese, non così scontati.
Il Sei Uno di Bellenda ha colpito per il suo carattere hors Prosecco. Molto secco, molto preciso e a tratti tagliente, ha sbilanciato chi era impreparato a bere Prosecco fatto con metodo classico.Infine lui, il gallo che canta fuori dal coro. Il Casa Belfi Colfòndo ha rotto ogni schema e spareggiato le carte.
Ma so che in questo caso o lo si odia o lo si ama. Non ci sono mezze misure.A me le mezze misure non piacciono perché ho sempre scelto da che parte stare.IMG_3411

 

Uomini e vini insieme all’insegna della qualità, un “must” per Pellegrini

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Il 12 e 13 Maggio scorsi la Pellegrini SpA ha organizzato due giornate dedicate all’assaggio dei vini e dei distillati che distribuisce in Italia.

La degustazione era riservata agli operatori del canale Ho.re.ca. e super Ho.re.ca.
L’allestimento è stato creato presso l’Agriturismo Solive, uno dei migliori della Franciacorta, e ha dato la possibilità a tutti i produttori presenti nel Carnet di degustazione di confrontarsi con un pubblico specializzato.

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La parola chiave che ha accompagnato questo evento, che ho avuto la fortuna di vivere in prima persona, è stata: qualità.
In primis la qualità dei prodotti presenti, italiani e stranieri, tutti, salvo rare eccezioni, con il produttore al banco di assaggio per dare una ragione e una spiegazione a quanto veniva versato nel bicchiere.
La qualità dell’organizzazione affidata a mani esperte e serie.
La qualità delle persone presenti, persone motivate e orgogliose di lavorare per questo team giovane e dinamico.

Più di 100 i produttori presentati, italiani ed esteri, più di 1000 i visitatori in due giorni di assaggi. Mica è uno scherzo!

Due location aperte per il pubblico: l’Agriturismo Solive, destinato alla presentazione dei vini e dei distillati, e la cantina stessa di Solive, produttrice del Franciacorta distribuito appunto da Pellegrini, destinata agli champagne e ai vini spumanti, quelli che io chiamo, in gergo “tecnico”, le bollicine.

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Ma il team Pellegrini non si è limitato a fare assaggiare i vini, no, certo che no.

Sono state anche organizzate Masterclass con un numero chiuso e selezionato di partecipanti fra cui spiccavano: la verticale di Jacquesson con quattro cuvée della serie 7: 737 – 736 – 735 – 733, guidata da Jean-Hervé Chiquet, uno dei due fratelli che conducono la Maison di Dizy ormai simbolo indiscusso di eccellenza nella Champagne; verticali di Campogrande Cinqueterre, tenuta da Elio Altare e Tonino Bonanni; Roncùs Collio bianco Vecchie Vigne, con Marco Perco, la falanghina Quintodecimo Via del Campo, di Luigi Moio, per citarne alcuni, sino ad arrivare ad una meravigliosa degustazione di 4 rum della Pellegrini Private Stock condotta da Alessandro Pugi, eminenza grigia in fatto di distillati.

Ovviamente la verticale di Jacquesson non l’ho mancata e, ogni volta che mi avvicino a questo champagne, mi vengono i brividi dall’emozione.

Dunque dicevamo la serie 7 con, a far da capofila, la cuvée 737, l’ultima uscita da casa Chiquet e relativa alla vendemmia del 2009, dal colore dorato e dalle note vanigliate e boisée, con un bellissimo sentore di frutta dolce e una bella acidità che lo solleva. Vino godibilissimo fin d’ora, provare per credere.

 A seguire la 736, base vendemmia 2008. La mia preferita della serie.

Colore meno intenso rispetto alla precedente e profumi nettamente più freschi e salini.

La mineralità e la freschezza cantano a squarciagola annunciando uno champagne che, purtroppo, secondo me deve ancora aspettare in cantina che arrivi il suo momento, quello perfetto.
Armiamoci di pazienza!

Arriviamo alla 735, millesimo di riferimento il 2007.
L’oro del bicchiere è molto marcato. Una sventagliata di profumi confetto si si leva solleticandomi il naso.
Sorso piacevole e croccante senza essere troppo di tutto. Un bell’equilibrio e una eleganza sottile.

Eccoci alla cuvée 733, elaborata a partire dalla vendemmia 2005.
Le condizioni meteo di quell’anno non furono particolarmente difficili ma il mese di Luglio fu un po’ troppo piovoso, favorendo lo sviluppo della botrytis.
Nonostante qualche difficoltà la Maison Jacquesson riuscì a produrre, con cura e meticolosità, uno champagne eccellente, ben al di sopra della media.
In effetti il mio assaggio conferma quanto sopra descritto. La 733 è una delle cuvée memorabili.
Equilibrio e potenza senza arroganza.
Pieno e moussoso in bocca, avvolge il palato totalmente e porta una pienezza confortante.
E’ minerale, fresco ma non magro e pungente.
Tanta frutta bianca fresca, tanto agrume, un paio di mandorle qui e li, e una bella nuance di crosta di pane tostato con il forno ancora aperto.
Un grande, grande vino. IMG_2994

Ma non è finita qui, Jean-Hervé ha tenuto in serbo la sorpresa finale: 733 DT in versione definitiva con etichetta!
Di questo vino non parlerò, se non per dire che secondo me è una vera opera d’arte cesellata da sapienti mani e dal tempo. Il resto lo avevo già scritto dopo uno dei miei viaggi in Champagne.
E’ stata però una forte emozione vedere un prodotto pronto e vestito e pensare che io l’avevo assaggiato ancora quando il suo nome era scritto a pennarello sulla bottiglia.

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E poi, durante il mio vagabondare sorseggiando, come scordare il meraviglioso Pétale de Rose di Château La Tour de l’Évêque, vino AOC della Côte de Provence IMG_2977con un uvaggio tanto vario (grenache, cinsault, syrah, mourvèdre, semillon, ugni-blanc, rolle) quanto delicato, certificato bio è profumatissimo e molto elegante.

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Oppure il Sancerre d’Antan di Henri Bourgeois fatto con il sauvignon blanc di una piccola parcella di vigne vecchie di 70 anni che crescono su terreno silex, affinato in barrique vecchie fino a sei anni e imbottigliato seguendo il ciclo lunare.
Forti emozioni in quel bicchiere, fortissime.
Dai profumi netti e puliti di roccia e minerale, a quelli più esotici delle spezie dolci raccolte in un paniere, per ritornare alla sferzata netta di succo di limone.

E ancora il Pouilly Les bois de Saint Andelain di Michel Redde, anch’esso prodotto da vigne di 40 anni e più che farebbe rinvenire chiunque con i suoi sentori di sale e di “pierre à fusil”.

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E che dire della gamma straordinaria di Willm, con tutte le sue bottiglie renane

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e i colori e profumi dell’Alsazia con i Riesling, Muscat e Gewürztraminer.

Che dire?

Semplicemente godere di tanta beltà e piacevolezza, di tanta serietà e lavoro, di tanta passione e competenza.

La qualità la fa la natura, ma ancor di più l’uomo che di essa ha cura e la rispetta.

Pietro Pellegrini lo sa bene quando sceglie i “suoi” vini e i suoi uomini, quelli che producono e quelli che vendono.

E lo capiscono bene anche gli uomini che i “suoi” vini li comprano e li bevono.

Questo feeling di qualità e di rispetto è quello che si è respirato durante i due giorni a Solive. E in tempi come questi, credete, non è poco.

VIAGGIO DI UNA BOLLICINA, DALL’ITALIA ALLA FRANCIA. CHEZ LA MAISON DE LA DAME

Portrait and new menu items

Per più di due ore attraverseremo il fascino degli spumanti e degli champagne, vini che io amo chiamare Bollicine, e che hanno, da sempre, un fascino particolare.
Sono gli unici vini al mondo che possono accompagnare, dall’antipasto al dolce, un pranzo o una cena, sia a base di pesce che di carne, di verdura e di formaggi.

Non amo paragonare i diversi tipi di spumanti se le connotazioni sono diverse.
Mi spiego meglio.
Il metodo classico, quello con cui si produce lo Champagne, il Crémant, il Franciacorta, il Trento DOC, l’Alta Langa, taluni Prosecco, per citare i più conosciuti, ha tali caratteristiche ben definite che sono impossibili da assimilare agli spumanti prodotti con il metodo Martinotti o Charmat.

Così come è improprio fare un paragone fra Champagne e metodo classico prodotto altrove: le differenze di suolo, clima, esposizione geografica, sistema di affinamento (in una parola “terroir”) sono troppo diverse per poter essere confrontabili.
E’ estremamente curioso e piacevole riuscire ad intercettare le differenze gustative fra le une e le altre.

Ecco perché La Dame du Vin propone, in location adatte, delle serate improntate su diverse tappe geografiche che, alla fine, ci condurranno in un viaggio di emozioni gustative sempre più coinvolgenti.

Saranno 4 gli “stopover” previsti e per ogni sosta 3 vini da poter degustare al meglio, con me, e con tutte le informazioni necessarie a comprendere meglio questo mondo:

  • Prosecco – Come dire di no a un vino che viene declinato in millemila modi e che è il primo passo per avvicinarsi alle bollicine?
  • Trento DOC, Franciacorta, Alta Langa – Eccellenze italiane del Nord, grandi vini, anche di piccole cantine.
  • Crémant – Le “altre” bollicine francesi, quelle quasi sconosciute, ingiustamente!
  • Champagne – La conclusione e la coronazione del nostro viaggio, en souplesse…..

Ci faranno compagnia le focacce di Claudio Gatti, i formaggi di Gigi, il culatello di Faust Brozzi e il Paga Negra della Fenice.

champagne

CORSI AL MARTEDI’ PRESSO LA MAISON DE LA DAME
dalle 20:30 alle 23:00 

1)   Prosecco Metodo Classico                                         27 Maggio martedì

  • G de Le Vigne di Alice
  • Colfòndo di Casa Belfi
  • Bellenda

Formaggi di capra freschi del Caseificio Lavialattea e focaccia pesche, albicocche e ananas della Pasticceria Tabiano di Claudio Gatti

2)   Franciacorta/Alta Langa/Trento                             3 Giugno martedì

  • Quadra Qblack Franciacorta
  • Cocchi Bianc ‘de Bianc Alta Langa Metodo Classico
  • Maso Martis Trento DOC Brut Riserva 2007

Salumeria nostrana italiana, culatello di Faust Brozzi e pani speciali

3)   Crémants                                                                  10 Giugno martedì

  • Crémant d’Alsace Georges Klein – Pinot Blanc, Pinot Gris, Chardonnay
  • Crémant de Loire Domaine Dutertre –Chenin Blanc, Chardonnay, Pinot Noir, Cabernet
  • Blanquette de Limoux Alain Cavaillès – Mauzac, Chenin, Chardonnay

Formaggi stagionati di Gigi Formaggi e focaccia alla birra di Claudio Gatti 

4)   Champagne                                                               17 Giugno martedì

  • Bollinger Special Cuvée – Assemblage Pinot Noir, Chardonnay, Pinot Meunier
  • Pierre Moncuit Cuvée Delos Blanc de Blancs Grand Cru – 100%        Chardonnay
  • Alain Réaut Brut Tradition Blanc de Noirs – 100% Pinot Noir biodynamique
  • Dom Caudron Cuvée Vieilles Vignes Blanc de Noirs – 100% Pinot Meunier

Jamon Iberico de Bellota Patanegra de La Fenice, Parmigiano Reggiano 24 mesi di stagionatura, pani speciali.

LA MAISON DE LA DAME

Via Libertà 12

22070 Guanzate (CO)

+39 335 7093528

info@ladameduvin.com

Philippe Gilbert: uno champagne che corre al Tour de France

Philippe Gilbert

Champagne Philippe Gilbert – Cuvée La Jolie Fillette
35% Pinot Noir – 30% Pinot Meunier – 35% Chardonnay
Brut Premier Cru

 

Nasce da un’idea di Giulio Menegatti e Luca Gatti questo champagne fatto con le uve di villaggi Premier Cru nei dintorni di Aÿ.

 

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Philippe Gilbert è il ciclista belga(giovane e direi anche carino) che vincendo una tappa del Tour de France che Giulio e Luca stavano guardando,
ha ispirato questo nome.

Le loro etichette, che riportano quadri di Marc Chagall sono state registrate presso CIVC di Epernay e possono essere liberamente commercializzate in tutto il mondo.

La Cuvée La Jolie Fillette riproduce il dipinto “La Promenade”.

Ma veniamo allo champagne.

I profumi si espandono appena lo verso nel bicchiere. Colore deciso ma non eccessivamente carico.

Albicocca, ananas, crosta di pane, burro fuso, agrumi. In successione e senza troppe pause.

Bocca asciutta ma ben bilanciata.

Ritrovo molta ananas, tanto cedro, una nota amara di pompelmo giallo e il burro appena messo in padella a fondersi.

Una bella piacevolezza resa ancora più interessante dalla persistenza.

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Non ha una complessità da strapparsi i capelli e non reggerebbe un piatto di carne o di pesce salsato ma per un aperitivo con piccoli amuse-bouche, tartare di pesce o crostacei posso assicurare che c’è da divertirsi, e seriamente anche!

Parola di Dame

Voto: 87/100

Distribuito da:
G.M.F. Srl
Via San Marco 11/c
Padova
www.giuliomenegatti.it

La sorpresa è dietro casa: RISTORANTE LA TARANTOLA

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Ristorante La Tarantola
Via della Resistenza 29 – Appiano Gentile (CO)
Tel. 031 930990
info@ristorantetarantola.it

Da convinta milanista non amo particolarmente attraversare Appiano Gentile, a meno che abbia uno scopo ben preciso e non abbia strade alternative.

Detto questo ieri l’ho fatto e devo dire, in tutta sincerità, che ne è valsa veramente la pena.

La Tarantola  si trova a pochi minuti dal centro di Appiano, immersa nel verde dei boschi che danno un ampio respiro alla veranda che si affaccia direttamente su essi.Una bella ala del ristorante è stato ristrutturato non molto tempo fa per far posto a grandi e numerosi tavoli per banchetti, sempre con gusto e garbo.

TarantolaSi è aggiunta anche una nuova piccola sala, con muri di vetro e un bellissimo camino, dal design molto essenziale, che mette allegria e che ieri, giornata molto fredda e umida per essere il 30 Aprile, era fortunatamente acceso.
Mise en place semplice ed essenziale, come piace a me, ma senza sfociare il quel minimalismo ostentato ormai appartenente alla vecchia scuola.

 

 

Appena seduti si materializza una gentile signorina per portarci acqua e piccoli panini fatti in casa.
Dopo cinque minuti arriva Vittorio, patron e chef del Ristorante che ci illustra il menu.

Come mi conviene abitualmente, prima di ordinare i miei piatti, voglio vedere la carta dei vini, l’elenco degli champagne.
Vittorio dice che secondo lui potrei divertirmi. E in effetti ha ragione.

A parte i grandi elencati all’inizio: Krug, Dom Pérignon, Bollinger, Roederer, Pommery e Greno a prezzi ragionevolissimi, tutti gli altri RM sono suddivisi nelle regioni della Champagne e quindi:

Vallée de la Marne: Baron Fuenté e Tribaut
Montagne de Reims : Margaine, Lallement, Marie Noëlle Ledru, Telmont
Côte des Blancs : Claude Cazals, Lamiable
Côte des Bars : Bouchad, Horiot, Vouette et Sorbé

E poi Philippe Gilbert, Franck Pascal, Roses de Jeanne.
Un ventaglio ben costruito perché per ogni produttore vi sono almeno due cuvées presenti.

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I prezzi sono veramente molto competitivi e capisco che Vittorio è appassionato di Champagne, lo ama, lo beve. E vuole che anche i suoi clienti abbiano questa possibilità. Per questo le cifre richieste non sono spropositate.

 

Decido per una Cuvée Vive di Claude Cazals, un Blanc de Blancs Extra Brut che ho già bevuto, e acquistato direttamente da loro a Les Mesnil-sur-Oger. So che è molto verticale, fresco e agrumato ma mi ricordo anche quanto fosse persistente e piacevole da bere.

Vorrà dire che giocherò un pochino con la morbidezza dei piatti.

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Scelgo infatti una millefoglie di manzo con burrata, pomodori, pesto di olive e cialde di pane croccanti come entrée e maccheroncini di kamut al pettine con asparagi, robiola, maggiorana e terra di bosco a seguire come piatto principale.

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Come amuse-bouche una piccola ciotolina di lenticchie rosse e biscotto di parmigiano.Tarantola2

Il “pairing” dei piatti rimanenti si rivela vincente e termino la bottiglia con una piccola selezione di formaggi francesi, compreso il mio adorato Comté, che Vittorio ci porta al tavolo.

 

 

 

Caffè e piccola pasticceria completano quello che ho definito una gustosa e tranquilla colazione fuori programma.

Un particolare plauso all’accuratezza dei dettagli, sia in sala che nel servizio. Ben fatto Vittorio!
Ci sarebbero un paio di errori da correggere nella lingua francese…ma nessuno è perfetto.

Ristorante promosso, a pieni voti. A volte per stare bene basta guardare dietro l’angolo.

Parola di Dame.

 

La selezione delle QUVÉES…da Quadra Franciacorta.

Articolo Dame 1

E’ il sesto anno consecutivo che vengo invitata da Mario Falcetti, Direttore Generale di Quadra Franciacorta , a partecipare all’importante tavolo di degustazione che porta alla scelta dei vini da utilizzare nelle cuvée che avranno come base la vendemmia dell’anno precedente.

Il panel di degustazione,  si fonda su elementi di spicco ormai consolidati come i sommelier Davide Bonassi e Marco Pozzali (quest’anno assente per una influenza), il proprietario della cantina Quadra, Ugo Ghezzi, con sua figlia Cristina, il responsabile di produzione, Sergio Gatti,  la responsabile del controllo qualità, Antonia Tancredi e quest’anno su alcune importanti new entries fra cui lo Chef stellato del ristorante Dispensa Pani e Vini  di Erbusco , Vittorio Fusari  , oltre che, anche lui per la prima volta, il figlio di Ugo Ghezzi, Marco.

25 persone sedute intorno ad un tavolo che esprimono le loro opinioni in fatto di vino e la loro visione sul vino del futuro in base a quanto hanno nel bicchiere.

Tavolo della commissione

Questo momento, di solito messo a calendario la primavera dell’anno successivo alla vendemmia, è di fondamentale importanza nella produzione di un metodo classico.
E’ il momento in cui i vini, che hanno svolto la prima fermentazione alcolica singolarmente, in base al vitigno, nelle vasche d’acciaio, o nelle botti di legno, vengono “miscelati” fra loro, in quantità diverse, in modo che le caratteristiche tipiche di ognuno dei vini che concorre possano confluire nel risultato finale, e quindi nel blend risultante.

Le caratteristiche tipiche non sono date solo dai diversi tipi di vitigno ma dalla posizione del vitigno stesso, dall’esposizione solare, dal tipo di coltivazione, dall’età delle vigne, dal momento in cui viene vendemmiato.

I vini della prima fermentazione, quindi, hanno differenti note aromatiche che, insieme come in un matrimonio, e in base al carattere che si vuol dare al vino finale, vengono sapientemente coniugate per dare vita ad una armonia del gusto, proprio come i diversi strumenti di un’orchestra si avvicendano creando l’armonia della musica sotto l’egida del direttore d’orchestra.
Nel nostro caso il direttore d’orchestra, è lo Chef de Cave: Mario Falcetti.

L’assemblaggio della produzione verrà poi effettuato nelle grandi vasche d’acciaio dove verrà fatto il “tiraggio”, ossia inserita la “liqueur de tirage” che darà luogo alla seconda fermentazione, quella in bottiglia, quella dove si creano le famose bollicine degli spumanti.

La prima selezione, quella veramente a tappeto, viene fatta a priori in cantina, da Mario, Sergio e Antonia.

Articolo La Dame 3

Sono loro che, spillando il vino dalle vasche e miscelandolo nelle provette di laboratorio in percentuali diverse, riescono a produrre i tre blend migliori che poi verranno portati all’assaggio della commissione.
Quello che noi ci troviamo sul tavolo, di conseguenza, è il trittico della migliore selezione fatta a monte.

 

 

Prima di iniziare Mario ci saluta ed esprime la sua idea sul momento che andiamo a vivere e, in generale, sul Franciacorta, vino in cui crede da anni e che ha dimostrato di sapere fare bene con i suoi prodotti sempre in continua evoluzione qualitativa.
E’ una fase fondamentale, forse la più significativa che si ripete annualmente dalla primavera 2009, nella vita dell’azienda e corrisponde al “battesimo” dei nostri Franciacorta e sono solito associare questo momento al “collo della clessidra” attraverso il quale l’uva si accinge a divenire Franciacorta. Le vigne, i vitigni, le selezioni che dalla vendemmia e sino ad oggi hanno vissuto di vita propria, ciascuna interpretata in modo da esprimerne al massimo le potenzialità, oggi, perdono la propria identità facendola confluire nelle quvée che tra qualche anno saranno bollicine compiute.
            Sin qui la cura dei nostri vini base è stata garantita dallo staff aziendale ma in quest’occasione ho il piacere di condividere il nostro lavoro con la vostra esperienza, il vostro gusto, le vostre aspettative.”

Ci parla della selezione manuale delle uve, dell’impiego esclusivo della prima frazione di pressatura, della valorizzazione della acidità primaria evitando le malolattiche, dell’impiego modesto di solfiti aggiunti, della valorizzazione del Pinot Bianco, vitigno a lui sempre caro.
Insomma ci parla da uomo innamorato, del suo lavoro in primis, e di questa terra poi.

Articolo Dame 4

Le postazioni sono pronte: tovaglietta, tre bicchieri per il vino, uno per l’acqua, qualche grissino per il “fondo”.

 

 

 

 

 

 

 

Viene distribuito il foglio con le 7 selezioni che dovremo fare, 3 vini per ognuna:

QSatèn – solo uve a bacca bianca, solo Brut e pressione di 4.5 atm/lt
EretiQ – la scommessa di Mario, un Franciacorta fatto solo con Pinot
Qzero – il brut nature
Quvée 82 – il millesimato
Qrosé – l’anima rosa
Qblack – la “mise en bouche”, quello che comunemente viene definito il prodotto “base” e che sarà realizzato al momento dopo la scelta delle altre Quvée.

Si parte avvinando il bicchiere e la bocca con un’anteprima di EretiQ 2010, blend di Pinot Bianco e Chardonnay dopo 32 mesi di sosta sui lieviti. Profumi intensi, bella vivacità, freschezza impagabile. Una bollicina più “nordica”, l’ha definita il mio amico-collega Davide Bonassi.

Si comincia la valutazione, si tratta di capire quale dei tre vini che abbiamo nel bicchiere sarà il più indicato a divenire Satèn 2014, tenendo presente che:
– Nella bottiglia si svilupperà l’anidride carbonica della seconda fermentazione in ridotto (bottiglia);
–  Il vino riposerà per almeno 30 mesi sui lieviti (24 di disciplinare ma MF lascia che il tempo abbia la sua parte importante nella formazione del vino)
–  Ci sarà un minimo di residuo zuccherino dovuto all’aggiunta della liqueur d’expedition
–  Il Satèn dovrà comunque essere elegante, morbido, avvolgente, e dotato di una bella freschezza e sapidità.

E si continua così per ogni valutazione che si deve fare, ricordandosi che il prodotto finale di quanto stiamo degustando noi, avrà sì l’anima di quanto stiamo bevendo ora, ma tutto il resto sarà completamente diverso. E questo compito non è facile.
Il vino nel bicchiere, quello che i francesi chiamano “vin clair”, è un vino fermo, senza anima profonda, con acidità alle stelle e disarmonia molto accentuata.
Ma non è questo ciò che il degustatore chiamato a compiere una selezione del genere deve giudicare.

Lui deve cercare di immaginare l’evoluzione del vino partendo da una base tangibile. Dovrà pensare all’armonia di cui parlavamo all’inizio come a un punto d’arrivo dopo un viaggio per nulla banale e monotono.

Dovrà altresì pensare all’immagine della Cantina per cui è chiamato a selezionare e alla coerenza della gamma dei suoi vini. Dovrà pensare alla reazione del pubblico che poi gusterà questi vini nei diversi locali e ristoranti.

Insomma deve tenere conto di una serie di fattori e di variabili che possono far prendere una direzione piuttosto che un’altra.

Questa responsabilità, nelle cantine di Franciacorta, così come nelle Maison di Champagne, viene demandata allo Chef de Cave che si avvale, come abbiamo detto, di un pool di persone fidate da cui prendere spunto e suggerimenti.

E se, come Mario Falcetti, è un capo democratico, la decisione presa scaturisce da una votazione delle diverse preferenze dove, il capo, ha comunque diritto ad un “casting vote” per carica acquisita.

L’esperienza è una tra le più interessanti, sebbene complesse, nella vita di un sommelier e appassionato di spumanti.

Ci si confronta in modo aperto e diretto, si esamina il contenuto di ogni bicchiere valutandone i fattori più disparati, si parte dal presente per approdare ad un futuro che non si conosce, si immagina, in base alla propria esperienza e sensibilità gustativa. Si apre un mondo misterioso e invitante.

Alla fine di questa “tavola rotonda” ci si sente provati, stanchi, un po’ stralunati. Degustare dei vini che hanno ben poco di quelle caratteristiche piacevoli che di solito si ritrovano in una bottiglia di Franciacorta lascia a dir poco esausti.

Ma la passione, l’amore, la curiosità e la voglia di scoperta che muovono questi passi, sono talmente forti che la stanchezza si lascia alle spalle e si è felici come fanciulli per aver partecipato alla nascita di qualcosa di meraviglioso: i nuovi vini.

Ahhh….ça fait du bien à mon coeur.

Parola di Dame.