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Philippe Gilbert: uno champagne che corre al Tour de France

Philippe Gilbert

Champagne Philippe Gilbert – Cuvée La Jolie Fillette
35% Pinot Noir – 30% Pinot Meunier – 35% Chardonnay
Brut Premier Cru

 

Nasce da un’idea di Giulio Menegatti e Luca Gatti questo champagne fatto con le uve di villaggi Premier Cru nei dintorni di Aÿ.

 

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Philippe Gilbert è il ciclista belga(giovane e direi anche carino) che vincendo una tappa del Tour de France che Giulio e Luca stavano guardando,
ha ispirato questo nome.

Le loro etichette, che riportano quadri di Marc Chagall sono state registrate presso CIVC di Epernay e possono essere liberamente commercializzate in tutto il mondo.

La Cuvée La Jolie Fillette riproduce il dipinto “La Promenade”.

Ma veniamo allo champagne.

I profumi si espandono appena lo verso nel bicchiere. Colore deciso ma non eccessivamente carico.

Albicocca, ananas, crosta di pane, burro fuso, agrumi. In successione e senza troppe pause.

Bocca asciutta ma ben bilanciata.

Ritrovo molta ananas, tanto cedro, una nota amara di pompelmo giallo e il burro appena messo in padella a fondersi.

Una bella piacevolezza resa ancora più interessante dalla persistenza.

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Non ha una complessità da strapparsi i capelli e non reggerebbe un piatto di carne o di pesce salsato ma per un aperitivo con piccoli amuse-bouche, tartare di pesce o crostacei posso assicurare che c’è da divertirsi, e seriamente anche!

Parola di Dame

Voto: 87/100

Distribuito da:
G.M.F. Srl
Via San Marco 11/c
Padova
www.giuliomenegatti.it

La sorpresa è dietro casa: RISTORANTE LA TARANTOLA

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Ristorante La Tarantola
Via della Resistenza 29 – Appiano Gentile (CO)
Tel. 031 930990
info@ristorantetarantola.it

Da convinta milanista non amo particolarmente attraversare Appiano Gentile, a meno che abbia uno scopo ben preciso e non abbia strade alternative.

Detto questo ieri l’ho fatto e devo dire, in tutta sincerità, che ne è valsa veramente la pena.

La Tarantola  si trova a pochi minuti dal centro di Appiano, immersa nel verde dei boschi che danno un ampio respiro alla veranda che si affaccia direttamente su essi.Una bella ala del ristorante è stato ristrutturato non molto tempo fa per far posto a grandi e numerosi tavoli per banchetti, sempre con gusto e garbo.

TarantolaSi è aggiunta anche una nuova piccola sala, con muri di vetro e un bellissimo camino, dal design molto essenziale, che mette allegria e che ieri, giornata molto fredda e umida per essere il 30 Aprile, era fortunatamente acceso.
Mise en place semplice ed essenziale, come piace a me, ma senza sfociare il quel minimalismo ostentato ormai appartenente alla vecchia scuola.

 

 

Appena seduti si materializza una gentile signorina per portarci acqua e piccoli panini fatti in casa.
Dopo cinque minuti arriva Vittorio, patron e chef del Ristorante che ci illustra il menu.

Come mi conviene abitualmente, prima di ordinare i miei piatti, voglio vedere la carta dei vini, l’elenco degli champagne.
Vittorio dice che secondo lui potrei divertirmi. E in effetti ha ragione.

A parte i grandi elencati all’inizio: Krug, Dom Pérignon, Bollinger, Roederer, Pommery e Greno a prezzi ragionevolissimi, tutti gli altri RM sono suddivisi nelle regioni della Champagne e quindi:

Vallée de la Marne: Baron Fuenté e Tribaut
Montagne de Reims : Margaine, Lallement, Marie Noëlle Ledru, Telmont
Côte des Blancs : Claude Cazals, Lamiable
Côte des Bars : Bouchad, Horiot, Vouette et Sorbé

E poi Philippe Gilbert, Franck Pascal, Roses de Jeanne.
Un ventaglio ben costruito perché per ogni produttore vi sono almeno due cuvées presenti.

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I prezzi sono veramente molto competitivi e capisco che Vittorio è appassionato di Champagne, lo ama, lo beve. E vuole che anche i suoi clienti abbiano questa possibilità. Per questo le cifre richieste non sono spropositate.

 

Decido per una Cuvée Vive di Claude Cazals, un Blanc de Blancs Extra Brut che ho già bevuto, e acquistato direttamente da loro a Les Mesnil-sur-Oger. So che è molto verticale, fresco e agrumato ma mi ricordo anche quanto fosse persistente e piacevole da bere.

Vorrà dire che giocherò un pochino con la morbidezza dei piatti.

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Scelgo infatti una millefoglie di manzo con burrata, pomodori, pesto di olive e cialde di pane croccanti come entrée e maccheroncini di kamut al pettine con asparagi, robiola, maggiorana e terra di bosco a seguire come piatto principale.

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Come amuse-bouche una piccola ciotolina di lenticchie rosse e biscotto di parmigiano.Tarantola2

Il “pairing” dei piatti rimanenti si rivela vincente e termino la bottiglia con una piccola selezione di formaggi francesi, compreso il mio adorato Comté, che Vittorio ci porta al tavolo.

 

 

 

Caffè e piccola pasticceria completano quello che ho definito una gustosa e tranquilla colazione fuori programma.

Un particolare plauso all’accuratezza dei dettagli, sia in sala che nel servizio. Ben fatto Vittorio!
Ci sarebbero un paio di errori da correggere nella lingua francese…ma nessuno è perfetto.

Ristorante promosso, a pieni voti. A volte per stare bene basta guardare dietro l’angolo.

Parola di Dame.

 

Girovagando per Grand Cru, davvero.

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Tutte le volte che parto per la Champagne preparo meticolosamente il mio viaggio.

Fisso gli appuntamenti cercando di non riempire la griglia in modo da non avere troppe degustazioni che si accavallano, prenoto alberghi e, quando riesco a fissare date, anche ristoranti, fisso la tappa di metà strada in Alsazia. Insomma una vera e propria organizzazione di viaggio che deriva probabilmente dalla mia forma mentis molto pragmatica.

Quello che non riesco a controllare è l’emozione che mi prende guardando la cartina, rileggendo i nomi di produttori, pensando ai vini che ho assaggiato e che vorrei assaggiare, guardando le foto del viaggio precedente come dispensatrici di sentimenti nostalgici.

Questa volta di appuntamenti ne ho fissati molti meno, sono andata per il salone di Aÿ: Terres et Vins de Champagne dove, lunedì 14 Aprile, erano presenti una ventina di produttori, vignerons, fra i più conosciuti e apprezzati.

Strada facendo ho scoperto che di saloni ve n’erano ben 11, concentrati in soli 3 giorni, sparsi fra Aÿ, Champillon, Ambonnay, Reims, e Épernay.

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Oltre alle varie visite in cantina e degustazioni di chicche particolari fatte su invito personale dai vari produttori della Champagne.

Insomma, mi sono trovata su una giostra meravigliosa senza nemmeno saperlo e ovviamente ho fatto tutti i giri concessi.

 

 

 

Scriverò quindi dell’esclusiva degustazione dei vecchi millesimi di Fûte de Chêne, di Henri Giraud, della colazione con Jean-Hervé e Laurent Chiquet della maison Jacquesson, della visita alla cooperativa Dom Caudron, con le sue cuvèe a base di Pinot Meunier, degli champagne della Cooperativa di Les Mesnil a Les-Mesnil-sur-Oger, uno dei 17 comuni Grand Cru considerati fra i migliori per la produzione di Chardonnay.

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Quello che pero’ nella Champagne davvero mi muove e commuove è girovagare in auto fra un vigneto e l’altro fermandomi quando ne sento il desiderio, fotografando le prime gemme della vite che stanno nascendo e i campi di olio di colza che regalano una macchia di colore a tutto il paesaggio come i girasoli di Van Gogh.olio di colza1

La strada che porta da Épernay a Cramant, Avize, Oger e Le Mesnil sur Oger la percorro ogni volta ed ogni volta mi si allarga l’orizzonte quando arrivo all’incrocio e scorgo la grande vetreria Saint-Gobain proprio a lato.

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E’ l’energia che si sprigiona e che posso sentire pulsare in me. Sono le lacrime che mi scendono, senza averlo chiesto e senza preavviso, ogni volta che respiro profondamente e chiudo gli occhi convinta di essere inghiottita in una spirale senza tempo, come la piccola Alice nel paese delle meraviglie.

Ed è la stessa passione che provo quando bevo i vini di questa terra e ascolto, come fosse sempre la prima volta, i racconti di chi, quei vini, li ha voluti e aiutati ad arrivare a me, a noi, in quella bottiglia che apro come fosse una meravigliosa scoperta, tutte le sacrosante volte.

E questa sensazione così strana e bella io la vorrei proprio condividere e vorrei trovare compagni di viaggio che non vogliano fermarsi al proscenio e alla ribalta, ma che vogliano vedere dietro le quinte come si prepara questo spettacolo naturale, con curiosità e con tanta voglia di imparare.

Al prossimo viaggio allora, vi aspetto!

Votre Dame.

 

 

La selezione delle QUVÉES…da Quadra Franciacorta.

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E’ il sesto anno consecutivo che vengo invitata da Mario Falcetti, Direttore Generale di Quadra Franciacorta , a partecipare all’importante tavolo di degustazione che porta alla scelta dei vini da utilizzare nelle cuvée che avranno come base la vendemmia dell’anno precedente.

Il panel di degustazione,  si fonda su elementi di spicco ormai consolidati come i sommelier Davide Bonassi e Marco Pozzali (quest’anno assente per una influenza), il proprietario della cantina Quadra, Ugo Ghezzi, con sua figlia Cristina, il responsabile di produzione, Sergio Gatti,  la responsabile del controllo qualità, Antonia Tancredi e quest’anno su alcune importanti new entries fra cui lo Chef stellato del ristorante Dispensa Pani e Vini  di Erbusco , Vittorio Fusari  , oltre che, anche lui per la prima volta, il figlio di Ugo Ghezzi, Marco.

25 persone sedute intorno ad un tavolo che esprimono le loro opinioni in fatto di vino e la loro visione sul vino del futuro in base a quanto hanno nel bicchiere.

Tavolo della commissione

Questo momento, di solito messo a calendario la primavera dell’anno successivo alla vendemmia, è di fondamentale importanza nella produzione di un metodo classico.
E’ il momento in cui i vini, che hanno svolto la prima fermentazione alcolica singolarmente, in base al vitigno, nelle vasche d’acciaio, o nelle botti di legno, vengono “miscelati” fra loro, in quantità diverse, in modo che le caratteristiche tipiche di ognuno dei vini che concorre possano confluire nel risultato finale, e quindi nel blend risultante.

Le caratteristiche tipiche non sono date solo dai diversi tipi di vitigno ma dalla posizione del vitigno stesso, dall’esposizione solare, dal tipo di coltivazione, dall’età delle vigne, dal momento in cui viene vendemmiato.

I vini della prima fermentazione, quindi, hanno differenti note aromatiche che, insieme come in un matrimonio, e in base al carattere che si vuol dare al vino finale, vengono sapientemente coniugate per dare vita ad una armonia del gusto, proprio come i diversi strumenti di un’orchestra si avvicendano creando l’armonia della musica sotto l’egida del direttore d’orchestra.
Nel nostro caso il direttore d’orchestra, è lo Chef de Cave: Mario Falcetti.

L’assemblaggio della produzione verrà poi effettuato nelle grandi vasche d’acciaio dove verrà fatto il “tiraggio”, ossia inserita la “liqueur de tirage” che darà luogo alla seconda fermentazione, quella in bottiglia, quella dove si creano le famose bollicine degli spumanti.

La prima selezione, quella veramente a tappeto, viene fatta a priori in cantina, da Mario, Sergio e Antonia.

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Sono loro che, spillando il vino dalle vasche e miscelandolo nelle provette di laboratorio in percentuali diverse, riescono a produrre i tre blend migliori che poi verranno portati all’assaggio della commissione.
Quello che noi ci troviamo sul tavolo, di conseguenza, è il trittico della migliore selezione fatta a monte.

 

 

Prima di iniziare Mario ci saluta ed esprime la sua idea sul momento che andiamo a vivere e, in generale, sul Franciacorta, vino in cui crede da anni e che ha dimostrato di sapere fare bene con i suoi prodotti sempre in continua evoluzione qualitativa.
E’ una fase fondamentale, forse la più significativa che si ripete annualmente dalla primavera 2009, nella vita dell’azienda e corrisponde al “battesimo” dei nostri Franciacorta e sono solito associare questo momento al “collo della clessidra” attraverso il quale l’uva si accinge a divenire Franciacorta. Le vigne, i vitigni, le selezioni che dalla vendemmia e sino ad oggi hanno vissuto di vita propria, ciascuna interpretata in modo da esprimerne al massimo le potenzialità, oggi, perdono la propria identità facendola confluire nelle quvée che tra qualche anno saranno bollicine compiute.
            Sin qui la cura dei nostri vini base è stata garantita dallo staff aziendale ma in quest’occasione ho il piacere di condividere il nostro lavoro con la vostra esperienza, il vostro gusto, le vostre aspettative.”

Ci parla della selezione manuale delle uve, dell’impiego esclusivo della prima frazione di pressatura, della valorizzazione della acidità primaria evitando le malolattiche, dell’impiego modesto di solfiti aggiunti, della valorizzazione del Pinot Bianco, vitigno a lui sempre caro.
Insomma ci parla da uomo innamorato, del suo lavoro in primis, e di questa terra poi.

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Le postazioni sono pronte: tovaglietta, tre bicchieri per il vino, uno per l’acqua, qualche grissino per il “fondo”.

 

 

 

 

 

 

 

Viene distribuito il foglio con le 7 selezioni che dovremo fare, 3 vini per ognuna:

QSatèn – solo uve a bacca bianca, solo Brut e pressione di 4.5 atm/lt
EretiQ – la scommessa di Mario, un Franciacorta fatto solo con Pinot
Qzero – il brut nature
Quvée 82 – il millesimato
Qrosé – l’anima rosa
Qblack – la “mise en bouche”, quello che comunemente viene definito il prodotto “base” e che sarà realizzato al momento dopo la scelta delle altre Quvée.

Si parte avvinando il bicchiere e la bocca con un’anteprima di EretiQ 2010, blend di Pinot Bianco e Chardonnay dopo 32 mesi di sosta sui lieviti. Profumi intensi, bella vivacità, freschezza impagabile. Una bollicina più “nordica”, l’ha definita il mio amico-collega Davide Bonassi.

Si comincia la valutazione, si tratta di capire quale dei tre vini che abbiamo nel bicchiere sarà il più indicato a divenire Satèn 2014, tenendo presente che:
– Nella bottiglia si svilupperà l’anidride carbonica della seconda fermentazione in ridotto (bottiglia);
–  Il vino riposerà per almeno 30 mesi sui lieviti (24 di disciplinare ma MF lascia che il tempo abbia la sua parte importante nella formazione del vino)
–  Ci sarà un minimo di residuo zuccherino dovuto all’aggiunta della liqueur d’expedition
–  Il Satèn dovrà comunque essere elegante, morbido, avvolgente, e dotato di una bella freschezza e sapidità.

E si continua così per ogni valutazione che si deve fare, ricordandosi che il prodotto finale di quanto stiamo degustando noi, avrà sì l’anima di quanto stiamo bevendo ora, ma tutto il resto sarà completamente diverso. E questo compito non è facile.
Il vino nel bicchiere, quello che i francesi chiamano “vin clair”, è un vino fermo, senza anima profonda, con acidità alle stelle e disarmonia molto accentuata.
Ma non è questo ciò che il degustatore chiamato a compiere una selezione del genere deve giudicare.

Lui deve cercare di immaginare l’evoluzione del vino partendo da una base tangibile. Dovrà pensare all’armonia di cui parlavamo all’inizio come a un punto d’arrivo dopo un viaggio per nulla banale e monotono.

Dovrà altresì pensare all’immagine della Cantina per cui è chiamato a selezionare e alla coerenza della gamma dei suoi vini. Dovrà pensare alla reazione del pubblico che poi gusterà questi vini nei diversi locali e ristoranti.

Insomma deve tenere conto di una serie di fattori e di variabili che possono far prendere una direzione piuttosto che un’altra.

Questa responsabilità, nelle cantine di Franciacorta, così come nelle Maison di Champagne, viene demandata allo Chef de Cave che si avvale, come abbiamo detto, di un pool di persone fidate da cui prendere spunto e suggerimenti.

E se, come Mario Falcetti, è un capo democratico, la decisione presa scaturisce da una votazione delle diverse preferenze dove, il capo, ha comunque diritto ad un “casting vote” per carica acquisita.

L’esperienza è una tra le più interessanti, sebbene complesse, nella vita di un sommelier e appassionato di spumanti.

Ci si confronta in modo aperto e diretto, si esamina il contenuto di ogni bicchiere valutandone i fattori più disparati, si parte dal presente per approdare ad un futuro che non si conosce, si immagina, in base alla propria esperienza e sensibilità gustativa. Si apre un mondo misterioso e invitante.

Alla fine di questa “tavola rotonda” ci si sente provati, stanchi, un po’ stralunati. Degustare dei vini che hanno ben poco di quelle caratteristiche piacevoli che di solito si ritrovano in una bottiglia di Franciacorta lascia a dir poco esausti.

Ma la passione, l’amore, la curiosità e la voglia di scoperta che muovono questi passi, sono talmente forti che la stanchezza si lascia alle spalle e si è felici come fanciulli per aver partecipato alla nascita di qualcosa di meraviglioso: i nuovi vini.

Ahhh….ça fait du bien à mon coeur.

Parola di Dame.

Champagne Jacquesson: quel che conta è il punto d’inizio.

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Voglio inaugurare il mio nuovo sito e le pagine dedicate ai vini del (mio) cuore aprendo con uno degli champagne che prediligo, Jacquesson è uno dei produttori a me più cari, Jean-Hervé Chiquet che, insieme al fratello Laurent, ha ripreso il controllo della Maison dal 1974.

Ho avuto già modo di parlare dei loro vini, e in particolare della penultima Cuvée della serie 7, esattamente la 736, e l’ho sempre fatto con vero entusiasmo.

Questa volta Jean-Hervé, a casa sua, a Dizy, mi parla in modo più disinvolto, mostrandomi la terra, la cantina, le vasche di fermentazione e la “sala delle prove” in cui vengono raccolte due file di botti riempite con vini diversi,

assemblaggi diversi, affinamenti diversi. Insomma proprio un piccolo laboratorio dove sperimentare cose sempre nuove.
E soprattutto parlandomi delle novità in casa Jacquesson.

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Hervé è convinto, e segue questa filosofia sin da quando si è occupato della Maison, che per fare un buon vino si debba partire da uve buone, impeccabili.
Le vigne sono coltivate in modo biologico ormai quasi per tutti gli ettari diproprietà ma i due fratelli Chiquet non amano apporre etichette e allegare certificati ai loro champagne. A loro basta seguire la natura, rispettarla e aiutarla, laddove possibile, a dare il meglio di quanto possa dare.

I loro champagne devono conservare, in primo luogo, la complessità della terra da cui provengono e, secondariamente, il carattere dell’annata vendemmiata.
I dosaggi degli champagne Jacquesson sono sempre molto ridotti e realizzati in base a continue degustazioni.

Per Jean-Hervé la liqueur d’éxpedition è un elemento del vino, e non una cura. Sante parole!

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Jacquesson produce 4 Lieux Dits (piccole parcelle comunali) che sono solo millesimati e solo quando il millesimo lo consente in termini qualitativi e quantitativi:

1) Dizy, Terres Rouges Rosé – Blanc de Noirs a Pinot Nero
2) Avize, Champ Caïn – Blanc de Blancs
3) Aÿ, Vauzelle Terme – Blanc de Noirs sempre a Pinot Nero
4) Dizy, Corne Bautray – Blanc de Blancs

La decisione di fare i Lieux Dits viene presa dopo un’accurata degustazione “à l’aveugle”, alla cieca, considerando i parametri seguenti:

a) Le uve sono sufficientemente buone per fare questi champagne
b) Le uve sono sufficienti per fare questi champagne

Il Comitato decisionale, per tutti gli champagne Jacquesson, è costituito dai clienti più fidati ed importanti di Jacquesson: gli stessi Jean-Hervé e Laurent Chiquet !

Meraviglioso e significativo l’aneddoto sui Lieux Dits del 2011 raccontatomi da Jean-Hervé:

Il Pinot Noir di Terres Rouges è stato utilizzato in parte per fare il rosé da macerazione e in parte per l’assemblaggio della serie 7xx.
Il Pinot Nero di Vauzelle Terme non era all’altezza e, come il precedente, è stato utilizzato per l’assemblaggio.
Lo Chardonnay di Champ Caïn era buono ma non sufficiente per fare un numero congruo di bottiglie. In assemblaggio anche lui.
Lo Chardonnay di Dizy invece si è rivelato perfetto e alla vendemmia, avvenuta il 14 Settembre, giorno del compleanno della mamma di Jean-Hervé e Laurent, ha partecipato anche lei, insieme ai figli e a tutta l’équipe che ha festeggiato con loro l’avvenimento.

Una delle principali novità è che, a partire dalla vendemmia 2012 il Dizy Terres Rouges non sarà più prodotto in rosé, e quindi con la macerazione sulle bucce, ma con la vinificazione in bianco.
E questo perché, sempre in base a degustazioni e valutazioni continue e attente, gli acini del Pinot Nero di questa zona sembra diano risultati migliori se non sono macerati.

Sino al 2002 Jacquesson proponeva anche i millesimati. Dal 2003 il millesimato uscirà solo in versione Dégorgement Tardif (DT). Il 2020 sarà quindi l’ultimo anno in cui il millesimo verrà commercializzato.

Novità anche per la serie 7xx, di cui ho già illustrato le singolari caratteristiche di assemblaggio nell’assemblaggio nell’articolo sulla Cuvée 736, ora affiancata dalla 737, uscita da poco.

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A partire dalla Cuvée 733, Jacquesson ha tenuto almeno 15/20.000 bottiglie della serie per poter uscire, in tempi più lunghi, con un Dégorgement Tardif della serie 7xx.
A Settembre 2014 uscirà quindi la 733DT, che ho avuto la fortuna di provare proprio in occasione della mia visita.

La vera piccola “rivoluzione” è che i fratelli Chiquet sono i primi a proporre un DT con la cuvée di base, e non con il millesimato.
La loro sicurezza nasce dal fatto che la qualità dell’elemento di partenza, le uve, sia ineccepibile e che quindi possa dare risultati altrettanto eccellenti, se non superiori, con il passare del tempo.

A coronamento di quanto sopra vi è anche la convinzione che il quantitativo prodotto non è destinato a crescere, esattamente l’opposto. Piuttosto che ai grandi numeri, Jean-Hervé e Laurent preferiscono dedicarsi alla cura dell’allevamento in vigna, alle forme di rispetto verso la natura, al continuo miglioramento dei prodotti che riescono a offrire ad un mercato sempre più esigente e poliedrico.

Prima di provare questa chicca pero’, ho avuto modo di assaggiare anche la 737, base vendemmia 2009.
Vino molto affilato ma molto più morbido e fruttato rispetto alla 736, rivelatasi al mio palato maggiormente tagliente e salina.
737 godibile fin d’ora, piena, rotonda.
736 ancora molto giovane, forse troppo. Da tenere ancora qualche anno prima di gustarsela appieno.

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Veniamo quindi alla degustazione.

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52% Chardonnay, 24% Pinot Noir e 24% Pinot Meunier con 16% di vini di riserva del 2004 e 6% del 2001.
Sboccatura: Settembre 2013

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Il millesimo di base è il 2005.

Inverno freddo, secco. Primavera come da manuale ed estate abbastanza umida. Insomma una stagione pressoché perfetta.
Vendemmia nella seconda metà di Settembre.

All’olfatto colpisce subito la nota di fiori bianchi e di nocciola, mista a sentori di camomilla e di miele.
Una elegantissima complessità intriga la bocca. Una dolcezza apparente di ananas caramellato e vaniglia lascia presto posto ad una crescente mineralità e freschezza.
Sottile e lungo nel suo cammino attraverso le papille, si rivela più che persistente a bocca vuota.
Ho molto amato la compostezza della 733, e questo champagne rivela che, se il punto d’inizio è buono, il risultato, con il tempo, non potrà che essere ottimo.
Aspettiamo quindi il prossimo Settembre per riconfermare queste impressioni ma vi posso assicurare che il successo sarà garantito.

Voto: 90/100

Ho deciso che, nelle mie visite in Champagne, l’ouverture avverrà in casa Jacquesson.
Sempre che Jean-Hervé non sia stanco di bere con me!

Parola di Dame.

Distributore: www.pellegrinispa.net

Uno Champagne da sogno

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Krug Clos du Mesnil 1989
Maestoso eppur gentile e tenero.
Supremo nella sua compostezza ed eleganza.
Inarrivabile nella sua aristocratica bevibilitá.
Non si torna indietro.